Lo Shikoku è l’isola meno turistica del Giappone, ma siamo certi che riuscirà a sorprendervi! Vi raccontiamo il nostro itinerario tra templi, natura incontaminata e spaventapasseri. Sì, avete letto bene, spaventapasseri, ma questo ve lo raccontiamo più giù…

A differenza del resto del paese, dove ci siamo spostati in treno sfruttando il Japan Rail Pass, in questa isola abbiamo preferito noleggiare un’automobile perché molti luoghi non sono facilmente raggiungibili con i trasporti pubblici. 

Dopo aver viaggiato da Takamatsu lungo la costa occidentale (ve ne abbiamo parlato qui), siamo giunti sulla costa orientale percorrendo la suggestiva strada 381. Abbiamo attraversato Tosa, dove, quando le condizioni meteorologiche lo consentono, è possibile fare whale-watching, ma purtroppo quel giorno pioveva e c’era vento, quindi noi non abbiamo potuto. Ci siamo quindi diretti a Kochi, con il suo bel castello del XVII secolo e il parco Godaisan con un fantastico belvedere (sempre quando non c’è nebbia!). 

Per i pasti, a Kochi ci sono Volver, un ristorante molto carino, che propone delle opzioni vegane, e Bio Tuturo, un locale molto piccolo e intimo che però è aperto soltanto dalle 11.00 alle 16.00.

Capo Muroto e tempio Hotsumisaki-ji

Abbiamo pernottato ad Aki e il giorno dopo siamo stati fortunatamente graziati dal tempo con una splendida giornata di sole.

Ci siamo diretti a Capo Muroto, dove Kōbō-Daishi raggiunse l’illuminazione dopo tre anni trascorsi in una grotta recitando il Gumonjiho Sutra.

Capo Muroto Shikoku

Sopra la scogliera in pietra nera si erge il tempio l’Hotsumisaki-ji, fondato proprio dal monaco nel IX secolo, che è il n. 24 del circuito del pellegrinaggio dello Shikoku du cui vi abbiamo parlato meglio nell’altro articolo.

Hotsumisaki-ji Shikoku

Nel tempio ci sono migliaia di piccole statuette di Jizo. In Giappone le vedrete un po’ ovunque, di tutte le dimensioni. Rappresentano Jizo (la cui traduzione potrebbe essere “Gioiello della Terra”), che è il nome giapponese di Ksitigarbha, una popolare divinità del buddhismo, rappresentata comunemente come un monaco. Viene considerato il protettore dei bambini non nati e dei neonati morti, per questo viene spesso rappresentato con fattezze infantili. Spesso le statue sono adornate con berretti, mantelline o bavaglini fatti a mano e donati dalle madri. A volte vengono lasciati anche giochini, girandole, ciucci e biberon.

Shikoku templi

Jizo è anche il protettore dei viaggiatori, per questo le sue statue si trovano spesso anche agli incroci o lungo le strade, nonché il sorvegliante del Muen Botoke, cioè delle tombe dimenticate degli antenati.

Dietro l’edificio principale c’è la  cosiddetta “roccia musicale”. È una una roccia con delle piccole depressioni in cui sono collocati dei ciottoli; se viene colpita con questi ciottoli produce un suono simile a quelle di una campana. 

Roccia musicale

Con una breve passeggiata si può raggiungere il faro, che è dotato di una lente molto grande dal diametro di 2,6 m, e da lì ammirare una splendida vista su Capo Muroto e sull’oceano.

Faro di Capo Muroto

Verso il cuore verde dello Shikoku

Proseguendo verso nord, si alternano alcune belle spiagge, alcune di sassi e altre di sabbia.

Spiaggia Shikoku

 

Ad un certo punto abbiamo avuto la brillante idea di non seguire le indicazioni del navigatore, che, per raggiungere la valle di Iya, ci consigliava di procedere lungo la costa fino a Tokushima e poi andare verso l’interno. Abbiamo deciso invece di percorrere una strada di montagna che ci sembrava più breve e il risultato è stato di ore e ore di curve in salita. I paesaggi erano meravigliosi, ma abbiamo avuto anche qualche piccolo contrattempo, come quando abbiamo incrociato quest’auto che, per farci passare, si è spostata troppo a sinistra. Io agitavo le mani per far loro capire di fermarsi, ma loro continuavano a salutarci sorridendo e sono finiti con la ruota in una buca, rimanendo incastrati! Abbiamo cercato di aiutarli, ma dopo un po’ si sono fermati anche dei motociclisti e, molto gentilmente, ci hanno fatto capire che potevamo continuare il nostro viaggio.

Natura Shikoku

Fortunatamente avevamo comprato degli onigiri (le classiche palle di riso) in un negozio di alimentari altrimenti avremmo avuto difficoltà per il pranzo. A proposito, poiché gli ingredienti sui prodotti sono di solito scritti soltanto in giapponese, potete aiutarvi con la funzione “Fotocamera” di Google traduttore. È sufficiente inquadrare il testo con la fotocamera per ottenere la traduzione simultanea o, quando questa non funziona bene, scattare una foto del testo. Un’altra app utile è Photo Translator.

La natura incontaminata della Valle di Iya

La valle di Iya è davvero un luogo incontaminato, uno dei più remoti del Giappone, con un susseguirsi di paesaggi suggestivi tra boschi, ruscelli e cascate.

Shikoku natura incontaminata

Essa si può dividere in due aree: Nishi Iya, la parte occidentale, che è meglio servita dai mezzi pubblici, e Oku o Higashi Iya, la parte centro-orientale, dove ci siamo fermati noi. Qui ci sono due bellissimi ponti di liane sospesi sul fiume Yoshino-gawa. Secondo i racconti popolari, gli Heike si rifugiarono in questa valle remota dopo la sconfitta subita dai Gengji nella guerra Genpei del XII secolo e costruirono questi ponti di corda, che potevano essere tagliati facilmente nel caso in cui fossero arrivati i nemici.

Ponte di liane

 

Anche se in tempi recenti sono stati rinforzati con assi e parapetti, quando ci si cammina sopra, oscillano tantissimo. Per Raffaella, che soffre di vertigini, attraversare il ponte Kazura, lungo 45 metri e sospeso a un’altezza di 14 metri, è stata un’impresa!

Un altro modo di attraversare la gola è utilizzare la piccola teleferica a carrucola che funziona con la sola forza delle braccia.

Valle di Iya

Nella valle di Iya è possibile rilassarsi in un onsen, cioè uno stabilimento termale, ma noi purtroppo avevamo i tempi troppo stretti e abbiamo dovuto proseguire il viaggio.

Nagoro, il villaggio degli spaventapasseri

Una sosta imperdibile secondo noi è il piccolo villaggio di Nagoro, un luogo unico al mondo.

Nel villaggio sono ormai rimasti meno di quaranta abitanti. La maggior parte si sono trasferiti nelle grandi città con la speranza di un lavoro e una vita migliore. Eppure, non appena si entra nel villaggio, ci si sente osservati da decine di occhi… L’atmosfera è davvero surreale. Quelli che inizialmente pensavamo fossero due spaventapasseri, in realtà non lo erano… e non erano soli! Nel villaggio ce ne sono centinaia. Hanno dimensioni umane e sembrano svolgere le normali attività quotidiane. Chi aspetta l’autobus alla fermata, chi spazza per terra, chi trascina un carretto, chi saluta dalla finestra.

Nagoro

Ci sono anche i bambini che giocano, qui che bambini non ce ne sono più, tanto che la scuola locale è stata chiusa, così come l’azienda che dava lavoro a tante persone.

Villaggio degli spaventapasseri Shikoku

L’autrice di tutte queste bambole, chiamate kakashi, è Tsukimi Ayano, una donna che nel 2003, all’età di 64 anni, è tornata nel suo villaggio natale, ma mal sopportava il silenzio e la solitudine che lo rendevano così diverso da quello che aveva lasciato tanti anni prima, quando si era trasferita a Osaka. 

La signora Tsukimi realizzò il primo spaventapasseri per cacciare gli uccelli dal suo orto. Si accorse che somigliava molto a suo padre e che in qualche modo la faceva sentire meno sola. Anche i vicini lo salutavano quando passavano lì davanti. E così, con molta pazienza, ha cominciato a cucirne un altro e un altro ancora, fino a ripopolare  l’intero villaggio. Alcuni sono somiglianti agli abitanti reali del villaggio, altri invece sono personaggi di fantasia.

Kakashi

Tra i pupazzi ce n’è anche uno che somiglia a lei, in modo che la sua presenza possa rimanere anche quando lei non ci sarà più. 

Arrivederci

Abbiamo proseguito il nostro viaggio verso Takamatsu, dove siamo arrivati in serata. Per la cena, un’alternativa agli udon del ristorante Kawafuku (di cui vi abbiamo parlato nell’articolo sulla costa occidentale), è il riso al curry Japanese-style servito anche in versione vegana in un locale della catena CoCo ICHIBANYA. 

L’indomani abbiamo consegnato l’auto e siamo tornati alla “stazione sorridente” per prendere il treno che ci avrebbe riportato sull’isola di Honshu.

Stazione sorridente Takamatsu

Con la promessa che non sarebbe stato un addio, ma un arrivederci e con l’augurio di tornare in futuro e dedicare più tempo alla scoperta di questa parte del Giappone che ci ha davvero stregato.

Stazione Takamatsu