Solitamente escluso dagli itinerari, lo Shikoku ci ha subito affascinato. È l’isola meno conosciuta, la meno abitata, ma anche la più selvaggia e la più spirituale del Giappone con i suoi numerosi templi.
Il pellegrinaggio degli 88 templi nello Shikoku: l’isola più spirituale del Giappone.
Lo Shikoku, isola nella parte sudorientale del paese, viene considerata l’isola più spirituale perché qui si trova il pellegrinaggio giapponese più importante, un circuito di 88 templi disseminati su un percorso di 1.200 km. che richiede circa 60 giorni di cammino. I pellegrini, chiamati henro, si riconoscono subito per i loro abiti bianchi (hakue), il cappello di paglia (sugegasa) e il bastone (kongozue). Nonostante il vero pellegrinaggio dovrebbe essere fatto a piedi, oggi molti lo fanno in moto o in auto; ci sono addirittura delle agenzie che lo organizzano con gli autobus in una decina di giorni.
Secondo la tradizione il pellegrinaggio sarebbe stato istituito da un antico monaco, Kūkai, fondatore della scuola buddista Shingon. Lo spirito del monaco, che ha ricevuto il titolo onorifico di Kōbō-Daishi (“il grande maestro”), accompagnerebbe ancora oggi i pellegrini ed è per questo motivo che essi portano sulla giacca o sullo zaino gli ideogrammi Dōgyō Ninin (同行 二人), che letteralmente significano “due persone che viaggiano insieme”.
Qui trovate una mappa con tutte le tappe del cammino.
L’isola dei “quattro paesi”
Mentre nel resto del Giappone ci siamo spostati in treno sfruttando il Japan Railway Pass, nello Shikoku molte località non sono raggiungibili con questo mezzo né con gli autobus, quindi abbiamo deciso di noleggiare un’auto. Una scelta sicuramente migliore, ma comunque meno comoda di quanto pensassimo. I tanti semafori e i limiti di velocità ci hanno fatto rallentare sulla tabella di marcia e costretti a rinunciare ad alcune tappe. Il nostro consiglio è di dedicare almeno 5-6 giorni alla visita dell’isola.
Lo Shikoku, il cui nome significa “quattro paesi”, è suddiviso in quattro prefetture: Kagawa, Ehime, Kochi e Tokushima.
In questo articolo vi racconteremo della prima metà del nostro viaggio nella parte occidentale dell’isola.
L’arrivo a Takamatsu
Da Osaka abbiamo preso un treno che, attraversando il lungo ponte Seto Ōhashi, in poco più di due ore ci ha portato a Takamatsu, capoluogo della Prefettura di Kagawa.
Abbiamo pranzato con del tempura di verdure e dei mochi, tipici dolci giapponesi fatti con farina di riso e ripieni di anko, crema di fagioli rossi azuki, che abbiamo acquistato al supermercato della stazione.
Dopo abbiamo preso un treno locale per visitare i giardini Ritsurin-kōen, tra i più belli di tutto il Giappone. Costruiti nel 1625, si estendono su 75 ettari e comprendono sei stagni e tredici colline. Prendetevi il tempo per passeggiare e godetevi la tranquillità e i magici scorci che vi stupiranno ad ogni passo.
Particolarmente bello quello del ponte Engetsu-kyō con il Monte Shiun sullo sfondo. All’interno del parco potrete visitare il Museo d’Artigianato del Sanuki e sorseggiare un matcha seduti sul tatami di una casa da tè affacciata sul laghetto.
Per la cena abbiamo scelto il Kawafuku, uno dei locali di udon più famosi della città. I Sanuki udon, tagliolini più grossi tipici della prefettura di Kagawa, vengono serviti in vari modi. Anche se il menu è in giapponese, anche qui, come in molti altri ristoranti, in vetrina sono esposti dei modellini in plastica delle pietanze. Ricordate che spesso gli udon vengono preparati con brodo di carne o pesce, quindi meglio ordinare quelli freddi, solitamente chiamati soba, che vengono serviti su un vassoio di bambù con wasabi e cipollotti affettati.
Si parte con l’auto
L’indomani abbiamo ritirato la nostra auto, una Mazda 2 munita di navigatore, che però si poteva impostare solo in lingua giapponese. L’unico modo in cui siamo riusciti a utilizzarlo consisteva nell’inserire il numero di telefono di qualche negozio o hotel vicino alla nostra destinazione!
La prima sosta è stata al tempio di Zentsū-ji, il n. 75 del circuito, costruito nel luogo in cui nacque Kūkai nel 774. È il tempio più grande con una superficie di 4500 mq ed è suddiviso in due parti, che comprendono vari edifici, molte statue e dei meravigliosi alberi di canfora millenari.
Potrete vedere una maestosa pagoda a cinque piani risalente a oltre 1.000 anni fa, la Sala d’Oro alta 3 metri e il Tempio Kanchi-in, costruito da Kūkai nell’anno 807 e circondato da 88 statue. Alla base di ogni statua è sepolta della terra portata da ognuno degli 88 templi, per cui essi si possono visitare simbolicamente camminando tra queste statue.
Sotto l’edificio Mie-dō si trova un passaggio sotterraneo lungo 220 metri completamente al buio, che simbolizza l’esistenza umana. Si dice che se lo si percorre tenendo la mano premuta sulla parete dipinta con mandala, angeli e fiori di loto, giungendo fino all’altare che indica il punto in cui Kūkai è nato, si compia il rituale chiamato Kaidan Meguri, cioè il cammino indicato da Buddha.
Il santuario dedicato al protettore dei marinai
Nelle vicinanze ci sono diversi altri templi, ma noi ci siamo diretti al piccolo villaggio di Kotohira per visitare il Konpira-san, un santuario shintoista dedicato al protettore dei marinai. Ci aspettavano ben 1368 scalini e vi assicuro che ad agosto, con quasi 40 gradi e un tasso di umidità altissimo, si fa una bella fatica! Fortunatamente abbiamo fatto diverse soste per ammirare la Sala del Tesoro (Hōmotsu-kan), la Sala per l’accoglienza (Shoin), risalente al 1659 e con dei bei pannelli dipinti sulle pareti, e l’Ema-do, edificio dedicato al mare che contiene le offerte dei marinai, compreso un piccolo sottomarino.
Dal grande Asahino Yashiro, il santuario dedicato alla dea del sole Ameratsu, inizia il tratto più suggestivo che, con gli ultimi 583 scalini, porta al Tempio interno, l’Okusha, situato sulla cima del monte Zozu (521 m). Il fantastico panorama sulla costa e sul Mare Interno rende la salita un po’ meno faticosa.
Matsuyama
Arrivati a Matsuyama di sera, abbiamo pernottato in un Love Hotel, ma di questo vi parleremo in un altro articolo. Per la cena abbiamo saputo che il ristorante vegano VegReca ha purtroppo definitivamente chiuso, ma il proprietario ha aperto il VegRecar, un furgoncino ristorante ambulante (per trovarlo potete controllare sulla sua pagina Instagram). Il Fumi Kaden, a dieci minuti dal castello, propone delle opzioni vegane e macrobiotiche.
Il giorno successivo, prima di rimetterci in auto, abbiamo visitato il Matsuyama-jō, il castello che domina la città dalla cima della collina e che si può raggiungere tramite un sentiero o con la funivia. È uno dei pochi castelli originali rimasti in Giappone e ospita un interessante museo.
A Matsuyama ci sono anche sette degli 88 templi, ma se dovete sceglierne uno, vi consigliamo l’Ishite-ji, uno dei più grandi. “Ishite” vuol dire “mano di pietra” perché secondo la leggenda un ricco aristocratico, dopo aver cercato invano Kobo Daishi, lo incontrò in punto di morte e questi mise nella sua mano una pietra con cui fu sepolto. Pochi giorni dopo nacque un bambino, che teneva in mano una pietra con la scritta “Emon Saburō è rinato”.
Verso Uwajima
Prima di arrivare a Uwajima, abbiamo visitato altri due templi. Il n. 41, il Ryūkō-ji, sorge su una collinetta da cui si gode una bella vista sui campi circostanti. È stato costruito nel luogo in cui Nichiren stava per essere giustiziato, ma fu salvato da una luce accecante,”una sfera brillante luminosa come la luna”, che mise in fuga gli esecutori.
Il n. 42, il Butsumoku-ji, ha una bella una torre campanaria col tetto di paglia e le statue delle sette divinità della fortuna.
A Uwajima c’è un santuario molto interessante e un po’ diverso dagli altri, uno dei pochi connessi ai riti della fertilità che è sopravvissuto fino ai nostri giorni. Nel giardino e all’interno del museo (in cui è necessario pagare un biglietto piuttosto costoso per scattare fotografie) sono esposti tantissimi oggetti e sculture di forma fallica.
In città c’è anche un piccolo castello a tre piani, ma all’interno non c’è molto da vedere.
A causa della lentezza di cui parlavamo prima aggravata dal maltempo, abbiamo dovuto modificare il nostro itinerario e rinunciare alla visita di Capo Ashizuri, all’estremo sud. Abbiamo invece attraversato l’isola seguendo la strada 381, una strada tortuosa ma molto panoramica che costeggia il fiume Shimanto-gawa e regala splendidi panorami su risaie e colline, che erano però avvolte dalla nebbia.
Il percorso nella parte orientale dell’isola lo trovate in questo articolo.
4 Comments
Ilaria
Settembre 2, 2021 @ 16:05
Grazie per l’articolo, molto interessante e dettagliato. Sto leggendo un romanzo Le bugie del mare ambientato in questi luoghi e grazie alle vostre immagini ho potuto ambientarmi meglio. Grazie ancora!
Raffaella e Stefano
Settembre 6, 2021 @ 05:18
Grazie a te Ilaria per aver apprezzato l’articolo e per averci fatto scoprire questo libro che non conoscevamo e la cui trama ci affascina parecchio! Penso proprio che lo leggeremo