Trovare un angolo di Tibet sulle colline reggiane è stata una vera sorpresa! Votigno di Canossa è una località davvero imperdibile.
Ne siamo rimasti affascinati. Soprattutto Raffaella, che fin da ragazzina sognava di visitare questo paese sul tetto del mondo, mentre leggeva libri sul buddismo tibetano e sull’invasione cinese.
In questo articolo ti porteremo alla scoperta di questo incredibile mix di tradizione medievale e fascino orientale.
Votigno di Canossa, uno dei borghi più belli d’Italia
Immerso nel verde delle terre di Matilde, Votigno si trova a circa 25 km da Reggio Emilia.
A un paio di km si trova il castello di Canossa, che vide Enrico IV rimanere inginocchiato per tre giorni in attesa del perdono di papa Gregorio VII e della revoca della sua scomunica.
Nominato Patrimonio dell’Umanità Unesco, a partire dagli anni ’60 Votigno di Canossa è stato sapientemente restaurato da artigiani e volontari, tanto da poter essere considerato oggi uno dei borghi meglio conservati d’Italia.
In effetti, grazie al ritrovato splendore, non appena vi si mette piede, ci si sente subito proiettati nel Medioevo. Nel tempo in cui i soldati della Grancontessa si nascondevano qui per sorprendere i nemici e proteggere il castello dai loro attacchi.
A testimonianza dell’importante ruolo che Votigno ebbe nel passato, si possono ammirare ancora la torre medioevale che svetta sui tetti e l’arco in pietra da cui si accede al centro.
Nella piccola piazzetta centrale c’è una scacchiera con i quadranti bianchi e neri incastonati nel pavimento.
Votigno di Canossa, un angolo di Tibet in un antico borgo medievale
Ciò che però rende unico questo borgo è che si viene proiettati non solo in un altro tempo, ma anche in un altro luogo.
Ancor prima di arrivare, si viene accolti da una statua di Buddha dallo sguardo serafico; poco più avanti uno stupa di un bianco candido.
Colorate bandiere di preghiera tibetane sventolano sfruttando il vento per diffondere le loro benedizioni sui territori circostanti.
Blu, bianco, rosso, verde, giallo a simboleggiare il cielo, l’aria, il fuoco, l’acqua e la terra. Queste bandiere sono chiamate lung-ta, letteralmente “Cavallo del vento”, come quello stampato al centro di ognuna di esse, che simboleggia la trasformazione della sfortuna in fortuna e che porta sul dorso i tre pilastri della filosofia buddhista: il Buddha, il Dharma (conoscenza buddhista) e il Sangha (comunità tibetana). Intorno al cavallo sono stampati circa quattrocento mantra o preghiere. Nei quattro angoli sono raffigurate le Quattro Dignità: il Garuda, il Drago, la Tigre e il Leopardo delle nevi, cioè i quattro animali sacri che rappresentano saggezza, forza, intelligenza e coraggio.
Sullo sfondo, le case in pietra con il fumo che esce dai camini.
La Casa del Tibet
Probabilmente ti stai chiedendo il perché di questi simboli buddhisti. Ebbene, qui si trova la Casa del Tibet, un centro culturale internazionale sorto nel 1990 per volere del medico reggiano Stefano Dallari, sotto gli auspici del Dalai Lama. Primo in Europa e unico in Italia, ha lo scopo di far conoscere la cultura tibetana e promuovere l’integrazione tra tutte le religioni del mondo.
Il 25 ottobre 1999 il Dalai Lama stesso venne a visitarlo e rimase profondamente colpito dalla sua bellezza. Per ricordare la sua visita è stato realizzato un gompa, un piccolo tempio in cui sono conservati sue fotografie e oggetti di culto.
Si possono anche ammirare splendidi dipinti e thangka buddhisti (immagini sacre dipinte su un tessuto che può essere arrotolato), realizzati dal direttore Tashi Lama, che è un artista di fama internazionale.
Mentre si passeggia per le stradine acciottolate tra le case in pietra, si possono osservare lastre con frasi tratte dalla saggezza orientale, che fanno tanto riflettere. Ma anche ruote di preghiera, statue di Buddha e altri simboli della cultura buddhista. Si potrebbe anche incontrare qualcuno degli abitanti dai tipici tratti tibetani.
Molto interessante è il museo, fondato con la collaborazione di Fosco Maraini, presidente onorario della Casa del Tibet. Il museo espone oggetti originali della cultura e della religione tibetana, tra cui un mandala della medicina. C’è anche una sezione dedicata all’India e al Mahatma Gandhi, con la sua cultura della non violenza. Questi edifici ospitano anche luoghi per la meditazione e spazi che vengono utilizzati per incontri, workshop e seminari.
Fate attenzione però perché il museo è aperto soltanto la domenica pomeriggio.
È possibile pernottare nel bed&breakfast ricavato nel borgo oppure potete dare un’occhiata a questo articolo su Casa Corra, un bioagriturismo non molto distante in cui poter, oltre che mangiare vegano, anche dormire in una casetta di legno immersa tra gli alberi o in una yurta.
No Comments